lunedì 25 aprile 2011

'scolta, 'more

Il veneto inglese

Sennò ci accusano di essere distratti: il Veneto ha stanziato 230mila euro a sostegno del dialetto. Tra le spese è prevista la realizzazione di un programma per la traduzione dal veneto all’inglese e viceversa che pare davvero degno di Kubrick. Infatti, non si sa mai, un giorno servisse a qualcuno ecco che c'è. Come si traduce «mona» (stupidino) nella lingua di Shakespeare? Milioni di veneti tirano un sospiro di sollievo: da secoli non sapevano come far capire alla gente di Manchester il loro esprit de finesse. C'è dell'altro, mentre la sanità della regione annaspa e gli alluvionati attendono: parte di quel finanziamento servirà a tradurre in un veneto più attuale La moscheta dell’immenso Ruzzante. Utile: come si fa ad andare avanti con quell’aspro dialetto patavino così puro e così indigesto per i veneti di oggi? Resta un’operazione discutibile sotto il profilo culturale ma sai a loro cosa gliene frega? ‘Scolta, ‘more: chi xè mona resta mona.

fonte : QUI 

sabato 23 aprile 2011

ELEGIA PASQUALE


Pasqua ventosa che sali ai crocifissi
con tutto il tuo pallore disperato,
dov’è il crudo preludio del sole?
E la rosa la vaga profezia?
Dagli orti di marmo
ecco l’agnello flagellato
a brucare scarsa primavera
e illumina i mali dei morti
pasqua ventosa che i mali fa più acuti

E se è vero che oppresso mi composero
a questo tempo vuoto
per l’esaltazione del domani,
ho tanto desiderato
questa ghirlanda di vento e di sale
queste pendici che lenirono
il mio corpo ferita di cristallo;
ho consumato purissimo pane

Discrete febbri screpolano la luce
di tutte le pendici della pasqua,
svenano il vino gelido dell’odio;
è mia questa inquieta
Gerusalemme di residue nevi,
il belletto s’accumula nelle
stanze nelle gabbie spalancate
dove grandi uccelli covarono
colori d’uova e di rosei regali,
e il cielo e il mondo è l’indegno sacrario
dei propri lievi silenzi.

Crocifissa ai raggi ultimi è l’ombra
le bocche non sono che sangue
i cuori non sono che neve
le mani sono immagini
inferme della sera
che miti vittime cela nel seno.

[© Andrea Zanzotto]

giovedì 21 aprile 2011

17 aprile 2011, Malo ANPI

I tedeschi erano da me
Mi hanno detto "Consegnati"
Ma non ho potuto farlo
E ho ripreso il mio fucile.
Nessuno mi ha domandato
Da dove vengo e dove vado
Voi che sapete
Cancellate le tracce del mio passaggio
Ho cambiato nome cento volte
Ho perduto moglie e figli
Ma ho tanti amici
Ed ho la Francia intera.
Un vecchio in un granaio
ci ha nascosti per la notte
I tedeschi l'hanno preso
è morto senza sorprendersi
Ieri ancora eravamo tre
Non resto che io
E giro in tondo
Nella prigione delle frontiere
Il vento soffia sulle tombe
La libertà tornerà
Saremo dimenticati
Rientreremo nell'ombra
.
Les Allemands étaient chez moi
On m'a dit résigne toi
Mais je n'ai pas pu
Et j'ai repris mon arme.
Personne ne m'a demandé
D'où je viens et où je vais
Vous qui le savez
Effacez mon passage.
J'ai changé cent fois de nom
J'ai perdu femme et enfants
Mais j'ai tant d'amis
Et j'ai la France entière.
Un vieil homme dans un grenier
Pour la nuit nous a cachés
Les Allemands l'ont pris
Il est mort sans surprise.
Hier encore nous étions trois
Il ne reste plus que moi
Et je tourne en rond
Dans la prison des frontières.
Le vent souffle sur les tombes
La liberté reviendra
On nous oubliera
Nous rentrerons dans l'ombre.
There were three of us this morning
And I'm the only one this ev'ning
Still I must go on
Frontiers are my prison
Oh the winds, the winds are blowing
Thru the graves the winds are blowing
Freedom soon will come!
Then we'll come from the shadow.
versi tratti da: "il lamento del partigiano" [1943]
Testo: Emmanuel d'Astier de La Vigerie, alias Bernard dans la Résistance. Musica: Anna Marly
canzone cantata sia da Leonard Cohen che da Joan Baez

lunedì 18 aprile 2011

UN MUTO BISOGNO DI DECENZA



Berlusconi
canta
racconta barzellette
salta sul predellino
telefona
parla
straparla
compra
fa votare.

La Lega
parla
straparla
siede sulle poltrone del potere a Roma e in periferia (federalismo)
vota tutto quello che c'è da votare.

Il Popolo
plaude.

domenica 17 aprile 2011

SENZA PREZZO. ANZI COMUNISTA



Non sono a sua disposizione, egregio Presidente del Consiglio. Non sono un prezzolato che partecipa ai suoi bunga bunga di notte, o ai suoi vota vota di giorno. Non sono in vendita.
Ho una dignità che il suo denaro non può comprare. Ho una libertà di pensiero troppo grande per essere ospitata nella sua casa delle libertà e non sono pecora per il suo popolo di presunte libertà. Insegno ciò che so e ciò che vale.
Se lei non c’è, pazienza. Vorrà dire che merita di essere ignorato o non vale.
La cattedra non è una ribalta per sketch politici di parte, non è uno spazio pubblicitario alla sua mercé.
La scuola, se lo lasci dire, è cosa troppo seria per affidarla alle sue battute. Si dedichi alle barzelle oscene, alle meteorine, alle vallette, alle ministrine. E quando parla di me e della scuola, lo faccia con rispetto.
Sono un servitore dello stato, non uno che si serve dello Stato. Ricopro un incarico pubblico per merito e con onore.
Non sono stato nominato da lei né adescato da Mora o Fede. Quindi, non sono a sua disposizione.
Ho cura dei miei alunni. Non lascio che si scorga mai la mia preoccupazione per il loro futuro revocato, né che traspaia la mia vergogna per la classe politica che abbiamo e tanto meno la pena per una scuola pubblica abusata dal suo livore, dai tagli punitivi, dalle diffamazioni reiterate e immotivate.
Anche per questo, si rassegni. Sarà pure uno straordinario affabulatore, il principe di seduttori, ma non ha niente, proprio niente, che mi piaccia.
Se questo basta per essere comunista, ebbene sì, lo sono.

Prof. Gianfranco Pignatelli

Dignità

lo spettacolo doveva essere condotto da federica panicucci ed alfonso signorini

Cancellato lo show con i docenti precari

Non andrà più in onda su Canale 5 il reality che doveva vedere professori a termine insegnare ad allievi vip

  • Non andrà più in onda su Canale 5 il reality che doveva vedere professori a termine insegnare ad allievi vip

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MILANO - Niente più show per giovani docenti bisognosi di denaro. E' stato cancellato «Non è mai troppo tardi», lo show di Canale Cinque che era inizialmente previsto per maggio.

CANCELLATO - Lo spettacolo, i cui i conduttori erano già stati individuati in Federica Panicucci e Alfonso Signorini, si riproponeva di far tornare alcuni vip sui banchi di scuola, con i giovani docenti precari che avrebbero dovuto colmare le loro storiche lacune preparandoli a partecipare ad un quiz finale. L'indiscrezione arriva dal blog di Davide Maggio, e sembra essere stata confermata anche dalla direzione del settimanale «Sorrisi e Canzoni». I motivi della soppressione non sono ancora chiari, ma senza dubbio dovrebbe avere influito la polemica scatenata dalla presenza nel programma di professori precari, a cui era stato promesso un premio di dieci anni di stipendio.


giovedì 14 aprile 2011

Minculpop


Se la cultura a scuola
diventa una minaccia

La proposta di una commissione per decidere sui testi segue l'accusa di plagio dei giovani. L'ultimo caso è quello sui libri di testo: "troppo partigiani". Ma gli attacchi all'insegnamento tolgono autonomia e centralità al sistema educativo

di STEFANO BARTEZZAGHI
VITTIMA designata della campagna di primavera contro la scuola italiana non è tanto la Verità, Nè la Storia. Né l'una nell'altra, per fortuna, sono nella disponibilità del Parlamento. Non è neppure la scuola pubblica, che avrebbe ancora la possibilità di cavarsela (se solo ci si adoperasse
per risolvere i problemi che ha). La vittima principale è una professione, che corrisponde alla necessità sociale che soddisfa: l'insegnamento.

Cosa dovrebbe fare oggi un insegnante, per esempio di Storia? Trasmettere cronologia e meri titoli di eventi storici? Rispettare bilanciamenti stabiliti dal Parlamento, come in Urss o sotto il Fascio? In un talk-show della sfortunata trasmissione risorgimentale di Pippo Baudo e Bruno Vespa si sono visti professori essere presentati ed esibirsi in ruoli da garibaldino, mazziniano, cavouriano, in una parodia si pensa involontaria della par condicio elettorale. Ma quella era appunto tv, e non della migliore.

Non stiamo parlando di un carrozzone parastatale, di un ente inutile. Stiamo parlando della scuola, la principale agenzia culturale della Nazione. Il suo compito è fondamentale: fornire a ogni cittadino l'attrezzatura per intendere, comprendere ed elaborare personalmente tutto quanto gli verrà detto, o già gli è stato detto altrove (in famiglia, o anche nei libri di testo). La scuola non insegna giudizi: insegna a giudicare.

Senza l'autonomia da qualsiasi ordine superiore, l'insegnamento diventa quello che la destra mostra di credere sia già: una forma laica (troppo laica) di catechismo. La cultura, però, non è una dottrina: la minaccia che porta è casomai nella sua efficacia di antidoto antidottrinario. Tutti gli intellettuali, comunque votino, lo sanno: infatti gli intellettuali di destra si tengono lontani da questa questione, in cui sono sempre e soltanto i politici ad accanirsi.

Da quando, era il 2000, il presidente della Regione Lazio Francesco Storace inaugurò la polemica sui libri scolastici "troppo marxisti", l'idea (molto sovietica essa stessa) di una "Commissione" che valuti l'idoneità dei testi è ritornata, per esempio in dichiarazioni di Maurizio Gasparri. Quel che rende più serio e preoccupante il suo attuale rilancio è che avviene a poco più di un mese dalla polemica contro "la scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare princìpi che sono il contrario di quelli dei genitori" (Berlusconi, 28/2/2011; corsivo nostro). Data la pregnanza strategica e comunicativa di certi palleggi, non pare trascurabile la circostanza per cui il tema è stato ora sollevato da due collaudate componenti dell'inner circle berlusconiano. Prima da Gabriella Carlucci, che è membro della Commissione Cultura e Istruzione della Camera ("Testi politicamente orientati, finalizzati a plagiare le nuove generazioni"), poi da Mariastella Gelmini, la ministra competente, che lo ha ripreso il giorno stesso ("Il problema esiste"). Lo schema deputato-ministro ha già preannunciato diverse altre campagne, specialmente nel campo della Giustizia.

Si configura, insomma, un salto di qualità. Il problema non è il prevalere di un argomento storico sull'altro, con dosaggi (per esempio tra foibe e Lager) ritoccati a ogni cambiamento di maggioranza, almeno sino a quando, in questo Paese, le maggioranze cambieranno. Il problema è l'idea stessa del dosaggio: di poterne imporre uno, o anche solo di discuterlo.

Provenendo poi non da estremità propagandistiche e pirotecniche ma dall'interno delle tecnostrutture politiche impegnate nella legislazione e nell'amministrazione si può immaginare quanto maggiore effetto facciano simili affermazioni sugli interessati. Nuove prospettive si aprono a quegli studenti e a quei genitori che usano accogliere le meritate insufficienze con lo spirito di miglioramento recentemente dimostrato in altro campo da Zlatan Ibrahimovic. Non l'ha detto anche il Governo e il Parlamento, che non è giusto studiare su testi che elogiano la Resistenza o la presidenza di Oscar Luigi Scalfaro? Non è stato lo stesso Presidente del Consiglio a suggerire alla famiglia di correggere la scuola, ai genitori di controllare che i "princìpi" inculcati dai professori non siano diversi dai propri?

Per rottamare la scuola come agenzia culturale basta mortificarne l'autonomia, magari dichiarando l'intento di restaurarla. Se guardiamo all'insegnamento come a una tecnica per imprimere un calco solido in una materia duttile, e così formarla (questo il significato originario del termine "inculcare"), distruggiamo il significato vero, e prezioso, della relazione di insegnamento. Sarebbe come pensare di ridurre l'eros allo stupro, la comunicazione alla propaganda, il governo al comando.

(14 aprile 2011)


mercoledì 13 aprile 2011

Arzignano, Lega e dintorni....

video da vedere assolutamente, anche perchè dal minuto 3:30 al minuto 3:52, c'è qualcuno che conosciamo e del quale condividiamo i convincimenti!

martedì 12 aprile 2011

EMERGENCY

È in edicola E
Il nuovo mensile di EMERGENCY


La copertina del primo numero di "E"

Anteprima e abbonamenti

È in edicola E, il nuovo mensile di Emergency. Diretto da Gianni Mura e Maso Notarianni, parla del mondo e dell'Italia che vogliamo. Una rivista bella, utile e intelligente, che racconta storie vere e approfondisce l'attualità ispirandosi ai valori di Emergency: uguaglianza, solidarietà, giustizia sociale, libertà. Le cose in cui preferiamo credere.


lunedì 11 aprile 2011

Lettere choc alla Padania


“Ma vadano a fare in culo immigrati, profughi, clandestini e tutto il governo!” Il canale di Sicilia ha appena inghiottito altri 250 cristi, morti senza facce né nomi, e a sfogliare le pagine delle lettere della Padania non si crede ai propri occhi. Per giorni e giorni una distesa di missive senza pietà: “Non riesco ad addolorarmi troppo per le continue perdite di vite umane” scrive un militante sabato 9 aprile. E il giornale di Bossi gliela pubblica senza fiatare. Giovedì 7 aprile: “Sarebbe ora di chiamare questa gente con il loro vero nome: delinquenti comuni”. Oppure: “Quando sento l’insistente sproloquio sulla integrazione della invasione nord africana mi vengono disfunzioni ormonali di giramenti di zibedei”. Ci sono poi razzismi esibiti senza pudori: “Cosa vengono a cercare in Italia questi spavaldi giovani dai modi così arroganti e baldanzosi?” chiede Silvana da Milano. E trova subito la risposta: “Non il lavoro, o perlomeno non quello onesto”. Sarcasmi muscolari: “Assistere alle scene che si stanno svolgendo a Lampedusa fa montare il sangue alla testa. Ma come? Sono venuti qua di loro spontanea volontà e poi osano anche lamentarsi perché non trovano l’hotel a 5 stelle? Si lamentano perché non hanno camere confortevoli e devono sostare al sole, come se non fossero abituati al sole”. Non c’è compassione. “Siamo uno Stato di merda”, scrive Lucio. “Serve la cattiveria” gli fa eco Marco. “Mano pesante, sorveglianza armata, con l’ordine di fare fuoco”. “I nostri cuori sono troppo pavidi” denuncia Davide. “Provate a pensare cosa ci costano questi sbarchi di clandestini: quanti aumenti delle pensioni minime”.

Che dire? Molti di questi lumbard hanno (o hanno avuto) un parente emigrato in Svizzera, dove negli anni Settanta si celebravano referendum anti-stranieri. Non era facile essere un sau-tschingg, un porco-italiano. Li difese lo scrittore Max Frisch, l’autore di Homo Faber, con una frase rimasta celebre: “Volevamo braccia, sono arrivati uomini

domenica 10 aprile 2011

nimby chi?

riporto un post scritto qualche tempo fa su http://www.difesasaluteterritorio.blogspot.com/

NIMBY vuol dire Not In My Backyard ossia non nel mio giardino.
E’ un’accusa che viene rivolta spesso ai comitati e ai singoli cittadini che si oppongono alla realizzazione di qualche opera devastante o dannosa. Chi li chiama NIMBY, sostiene che la loro preoccupazione è solo per il proprio orticello a discapito degli interessi generali.
Naturalmente noi non siamo d’accordo perché gli interessi generali sono spessissimo citati da chi in realtà approfitta e contribuisce a creare situazioni di inesistente conoscenza e rassegnazione per non incontrare ostacoli e resistenze ai propri interessi particolari.
Ma, a prescindere da considerazioni generali, etiche, economiche o filosofiche, è stato interessante quello che è successo una settimana fa a Romano d’ Ezzelino.

In tale occasione, l’assessore provinciale Forte, Sindaco di Costabissara, ha dichiarato che l’Autostrada Pedemontana Veneta è necessaria alle imprese locali che devono competere e convivere con la globalizzazione, che senza di essa vivremmo come negli anni 50 e che occorre accettarla anche se , ovviamente, per qualcuno sarà un disagio.

Senza entrare nel merito delle banalità, minimizzazione dell'impatto, assenza di visione del futuro ed inesattezze espresse, mi preme ricordare che l’ Assessore si è opposto per molti anni alla realizzazione della bretella nord che dovrebbe passare per il comune di cui è Sindaco.

E’ NIMBY ? Certamente no. Certamente la bretella non andava bene, certamente si poteva fare di meglio, certamente c'erano validissimi motivi, certamente…

Però, almeno non ci faccia la predica: la prossima volta si renda conto che non ha di fronte quattro imbecilli da abbindolare con la sciocchezza del progresso in nome del quale sacrificare qualsiasi cosa (soprattutto se si sacrifica qualcosa che appartiene ad altri).

P.S.
Al termine dell’assemblea l’Assessore se n’è andato lanciando improperi e bestemmie nei confronti di una persona che lo aveva interpellato sulla legittimità della mancata esibizione della convenzione economica tra regione e concessionari autostradale...probabilmente uno dei tanti NIMBY che circolano in provincia.

sabato 9 aprile 2011

Ancora Pedemontana

Cosa si sa del progetto di autostrada pedemontana veneta in genere e in particolare nel territorio di Malo?

Molto poco.

Ci sono voci diverse e ognuno sa qualcosa di diverso dagli altri. Qualcuno crede che l’autostrada passerà in Vallugana, qualcun altro invece sa, giustamente che passerà sotto le colline un po’ più a nord, qualcuno crede di ricavarne dei vantaggi e qualcun altro, meno "ingenuo", sa che i vantaggi li avrà solo chi l’autostrada la costruirà e gestirà poi per 40 anni e pochi altri.

Ma quello che nessuno immagina è come vivremo noi Maladensi e soprattutto gli abitanti della parte sud e di Santomio dal momento in cui comincerà la cantierizzazione.

Sulla base dell’esperienza fatta da altri (passante di Mestre) possiamo dire che ci aspettano almeno 5 anni di inferno.

Immaginatevi 5 anni con mezzi pesanti che vanno avanti e indietro per portare il materiale di scavo dai cantieri ai deposti provvisori e poi a quelli definitivi. Cinque anni di rumori micidiali che non si fermano nemmeno il sabato e la domenica e neanche la notte. Cinque anni di polveri che si alzeranno da terra e raggiungeranno le nostre finestre e tavole. Cinque anni di mine e martellone (ci sono voci che dicono che useranno solo le mine, ma ad oggi non abbiamo visto alcun documento ufficiale). Cinque anni con il nostro territorio al servizio di un’opera che invece non sarà mai al servizio del territorio.

La nostra vita cambierà per sempre perché quando i cantieri saranno terminati, avremo l’autostrada in casa e il danno sarà fatto.

I cambiamenti possono essere positivi oppure no, e ogni volta vanno valutati, per poter decidere se sono quello che vogliamo oppure no. Noi, a Malo, che possibilità di scelta abbiamo avuto?. Ci hanno sempre detto che l’autostrada o si fa o si fa, lo hanno ripetuto a voce, con i giornali e con le tv fino a quando in tanti ci hanno creduto. Ma noi sappiamo bene che questo cambiamento non sarà positivo per noi, per la nostra salute, il nostro territorio, e anche per coloro che abiteranno qui dopo di noi.

Qualcuno sostiene che però ci sarà occupazione e lavoro per le ditte locali.

Se fosse vero, come mai a Romano d’Ezzelino stanno costruendo il quartier generale di SIS (il costruttore e gestore) con 400 posti letto per gli operai e due mense?. E come mai in tutti e 4 i cantieri permanenti (uno sarà anche a Malo di fronte alla ditta I.N.D.I.A. dall’altro lato della provinciale 46) sono previsti alloggi per gli operai e dormitori per gli impiegati? Forse per ospitare i lavoratori locali?

E poi chi ci propone di accettare la distruzione in nome di un presunto lavoro, dovrebbe chiedersi se non ritiene di insultarci proponendoci di barattare la nostra salute e la nostra vita con la carità elargita da chi si arricchirà sfruttando i beni comuni, e soprattutto cercando di convincerci che l’unico modo di produrre lavoro e benessere sia asfaltare, cementificare e consumare risorse.

Qualche giorno fa, in una assemblea pubblica a Romano d’Ezzelino, abbiamo sentito un sindaco dichiarare che in cambio della possibilità di costruire la sede di cui parlavamo prima, SIS si è impegnata a costruire le fognature dove ancora non ci sono. Lo stessa frase abbiamo sentito pronunciare dal Sindaco di Malo. Ci chiediamo se sia corretto far passare per compensazioni e benefits i diritti dei cittadini.

Noi pensiamo che ci sia un modo di vivere sostenibile che ci permetterebbe di non continuare a saccheggiare il territorio che ci sostiene. Pensiamo che si debba ritornare ad essere sobri, dopo l’ubriacatura consumista che sta devastando il pianeta.

Pensiamo che, a differenza di quello che si vuole far credere, la sobrietà non significhi povertà. Nessuno vuole essere povero, ognuno di noi invece ,dovrebbe tendere ad una vita piena di vera ricchezza (rapporti umani, cultura, buon cibo, tempo per se stessi e per i propri cari e amici) e non di oggetti inutili che lo rendono sempre più triste.

lanfranco tarabini

venerdì 8 aprile 2011

Bossi l'emigrante


Qual è l'immagine dell'Italia che vorremmo arrivasse ai nostri figli oppure all'estero? Quella della fornaia di Lampedusa che da giorni regala pizze e cannoli ai tunisini rimasti senza cibo? Oppure quella dell'invettiva Fora da i ball di Umberto Bossi?

di Claudio GiuaQual è l'immagine dell'Italia che vorremmo arrivasse ai nostri figli oppure all'estero? Quella della fornaia di Lampedusa che da giorni regala pizze e cannoli ai tunisini rimasti senza cibo? Oppure quella dell'invettiva Fora da i ball di Umberto Bossi? Domande retoriche, si dirà.

Più che retoriche, inutili. Alla grande maggioranza degli italiani poco importa di quanto accade su un'isoletta che da Milano è più lontana di Londra. Oggi come mai vale, per loro, l'acronimo inglese Nimby, Not in my backyard: i tunisini e le centrali nucleari, i rifiuti e i pentiti di mafia metteteli dove vi pare, basta che non sia il cortile di casa mia. Di questo dovremmo preoccuparci. Dell'egoismo e della scarsa memoria. Tra il 1880 e il 1915 nove milioni di italiani s'imbarcarono per cercare fortuna in Argentina, in Brasile, negli Stati Uniti. Si calcola che appena un terzo ritornò, sfinito dallo sfruttamento e dalle persecuzioni.

Nella sola Europa - soprattutto in Francia Svizzera, Germania, Belgio, Gran Bretagna - i discendenti di italiani sono oggi almeno dieci milioni, e i loro padri e nonni furono trattati come subumani mandati a morire nelle miniere e sulle impalcature: vi ricorda qualcosa? Anche Cassano Magnago, nel Varesotto, dov'è cresciuto Bossi, è terra di emigrazione. All'inizio del Novecento migliaia di giovani, donne e famiglie furono costretti dalla fame a lasciare quel paese e raggiungere le Americhe. I registri di Ellis Island, la porta d'ingresso degli immigrati europei negli Stati Uniti, ci sono i nomi di 399 Bossi, la maggioranza del Nord Italia (non si chiamava Padania), lombardi di Busto Arsizio, di Samarate, di Gallarate, di Cuggiono, di Stradella e proprio di Cassano Magnago, e poi piemontesi di Tortona e Alessandria, emiliani, liguri e friulani. Molti anche i Bossi del Centro e del Sud, di Fossombrone, Pratola Peligna e Senigallia, di Caserta, Benevento, Roccabascerana e Castelvetrano.

I solerti ufficiali dell'Immigration Service schedavano tutti. C'era, tra quei 399 venuti dall'Italia umbertina a cavallo dei due secoli, anche un Umberto Bossi, 18 anni e 10 mesi il 12 dicembre del 1909, giorno del suo sbarco a New York dalla nave Lorraine, salpata da Le Havre in Francia. Il ragazzo aveva lasciato 40 giorni prima il suo paese, Fossato, forse Fossato di Vico in provincia di Perugia, oppure Fossato di Rodigo nel Mantovano. Lui non lo specificò, il suo controllore non lo scrisse. Dopo la quarantena, gli permisero di raggiungere Manhattan. Non si spinse molto più in là. Grazie all'efficiente Death Index, il registro dei decessi americano, sappiamo infatti che quell'Umberto Bossi morì a 78 anni, nel settembre del 1969 a Jessup nella contea di Lackawanna in Pennsylvania, qualche centinaio di chilometri ad ovest di New York. Probabilmente non era più tornato dovera nato. Non casualmente - almeno per i destini politici italiani - Cassano Magnago è stato anche, in anni recenti, luogo di forte immigrazione. Comune con meno di novemila abitanti nel 1951, quarantanni dopo ne aveva quasi ventunmila. Una crescita drammatica, dovuta esclusivamente all'esercito di immigrati veneti, pugliesi, siciliani tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio dei settanta.

Un'integrazione difficile eppure pienamente riuscita, se in consiglio comunale siedono ora signori che di cognome fanno Bilardo e Toto, di probabili origini siciliane, Lettieri e Oliva, campani, Poliseno, pugliese, Daniele, Mettifogo, Trevisol, Polato e Santinello, veneti, Maida, calabrese. Un melting pot, una pentola con dentro un po' di tutto, come spesso dicono gli americani. Una pentola ribollente che forse spaventò il piccolo Umberto, quello della futura Padania, incapace di adeguarsi a tanti veneti e calabresi dall'accento esotico che ogni anno gli piombavano in classe. Così come lo spaventano oggi quei tunisini di Lampedusa che parlano inglese e francese mica come i Bossi quasi tutti analfabeti che emigrarono in America e lasciano alle spalle una rivoluzione vinta con Facebook e Twitter. Gente di cui non fidarsi, dunque "fora da i ball".
Claudio Giua
5 aprile 2011

martedì 5 aprile 2011

percezione del rischio

Fino a prima di Fukushima una gran parte della popolazione italiana non era né allarmata né preoccupata dalla possibilità che il governo riavviasse un programma nucleare.

La ragione principale è la distanza temporale a cui è situato l’evento “entrata in funzione delle centrali nucleari”.
Il fatto che sia posposto, rispetto al momento presente, di 10/15 o addirittura 20 anni, disinnesca la percezione del rischio.
C’è voluto il disastro infinito (anche nel senso di non ancora terminato) giapponese per riattivare la sensazione di pericolo e risvegliare lo spirito di conservazione di sé stessi e della specie negli individui.

Ciononostante, il governo, decide di proseguire per la propria strada mandando avanti i propri alfieri al grido di: ”noi tireremo dritto”, fino a quando non si rende conto (il governo) che così facendo rischia di perdere le vicinissime prossime elezioni amministrative.

Ma ovviamente ci sono gli interessi dei gruppi di pressione pro nucleare che sono ben rappresentate ed altrettanto ben ascoltate all’interno dell’esecutivo.
Inoltre una vittoria del referendum anti nucleare, sarebbe una sconfitta doppia per chi è pro nucleare e punta al non raggiungimento del quorum anche per evitare un pronunciamento dei cittadini sul legittimo impedimento.

Ed ecco il coniglio estratto dal cappello: fingere di sospendere ogni decisione per un anno, cioè depotenziare la percezione del rischio allontanando nel tempo la discussione.

Lo schema è il seguente: annuncio-allarme-depotenziamento-rilassamento-fregatura (ti dico che voglio fotterti, ti allerti, ti rassicuro, ti rilassi, ti fotto).