martedì 5 aprile 2011

percezione del rischio

Fino a prima di Fukushima una gran parte della popolazione italiana non era né allarmata né preoccupata dalla possibilità che il governo riavviasse un programma nucleare.

La ragione principale è la distanza temporale a cui è situato l’evento “entrata in funzione delle centrali nucleari”.
Il fatto che sia posposto, rispetto al momento presente, di 10/15 o addirittura 20 anni, disinnesca la percezione del rischio.
C’è voluto il disastro infinito (anche nel senso di non ancora terminato) giapponese per riattivare la sensazione di pericolo e risvegliare lo spirito di conservazione di sé stessi e della specie negli individui.

Ciononostante, il governo, decide di proseguire per la propria strada mandando avanti i propri alfieri al grido di: ”noi tireremo dritto”, fino a quando non si rende conto (il governo) che così facendo rischia di perdere le vicinissime prossime elezioni amministrative.

Ma ovviamente ci sono gli interessi dei gruppi di pressione pro nucleare che sono ben rappresentate ed altrettanto ben ascoltate all’interno dell’esecutivo.
Inoltre una vittoria del referendum anti nucleare, sarebbe una sconfitta doppia per chi è pro nucleare e punta al non raggiungimento del quorum anche per evitare un pronunciamento dei cittadini sul legittimo impedimento.

Ed ecco il coniglio estratto dal cappello: fingere di sospendere ogni decisione per un anno, cioè depotenziare la percezione del rischio allontanando nel tempo la discussione.

Lo schema è il seguente: annuncio-allarme-depotenziamento-rilassamento-fregatura (ti dico che voglio fotterti, ti allerti, ti rassicuro, ti rilassi, ti fotto).

2 commenti:

  1. Cominciamo a evidenziare un bel SI contro il nucleare... o certa gente farà casino di sicuro!!

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  2. Le elezioni però non le accorpano.
    Il rischio è il non raggiungimento del quorum.
    Perciò bando alle divisioni e ai distinguo, rimbocchiamoci le maniche, anche se non sono come i rotoloni Regina, e obiettivo n°1: andare a votare in massa ai referendum,per riappropriarci di un momento di vera democrazia che però ultimamente non ha prodotto frutti.

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