lunedì 10 gennaio 2011

la strada ? II

La legge italiana, violenta versione nazionale di orientamenti formalmente liberisti, in realtà privatistici – ma assai meno vincolanti - dell’Unione Europea, impone loro (alle amministrazioni locali - ndG3RT) di dismettere le imprese controllate o partecipate, per affidarle a gestioni private e a processi di aggregazione (vedi i casi di Hera, A2A, Enìa, Iride, Acea, ecc.) che le allontanano sempre più dal territorio, dalle sue esigenze e, soprattutto, dalle possibilità di un controllo diretto da parte degli utenti; per trasformarsi in holding coinvolte nel gioco finanziario planetario che ha scatenato e continua a riprodurre la crisi che stiamo attraversando.

Per invertire rotta bisogna uscire da una cultura della competitività (tutti contro tutti, per niente altro che la “sopravvivenza”) che non fa che abbassare sempre più gli standard di chi vive del proprio lavoro, senza offrire alcuna prospettiva a una autentica riconversione ambientale.

All’inizio del secolo scorso, per fornire alla parte meno privilegiata dei propri amministrati elettricità, acqua, gas, fognature, trasporto, e poi anche gestione dei rifiuti, sanità, assistenza, cultura, le amministrazioni a guida socialista o democratica del nostro paese avevano fondato le imprese “municipalizzate”; che potevano controllare direttamente, grazie alla copertura di una legge nazionale voluta da Giolitti.

Quel sistema di imprese pubbliche che ora la legge impone di smantellare è stato fatto in gran parte degenerare dal clientelismo e dalla trasformazione in società per azioni; senza però che la sua privatizzazione abbia portato alcun miglioramento agli utenti; mentre ha contribuito comunque non poco ad alimentare una nuova ondata di “finanziarizzazione” dell’economia e di “esternalizzazioni” dei servizi, affidati a catene di subappalti fondati sullo sfruttamento intensivo del lavoro.

Le forme dell’intervento delle amministrazioni locali nell’economia devono sicuramente cambiare; la trasparenza di tutte le operazioni effettuate e il coinvolgimento della cittadinanza attiva nella gestione o nel controllo ne devono diventare vincoli ineludibili, perché sono l’unico presidio nei confronti delle degenerazioni clientelari, che aprono poi le porte alle infiltrazioni e al controllo della malavita organizzata; ma non ci sarà conversione ecologica senza un recupero radicale da parte delle amministrazioni locali del potere di intervenire nella gestione dei processi di produzione e di consumo che interessano il loro territorio.
fonte:
http://www.guidoviale.blogspot.com/

Aggiungerei che oltre al potere ci vuole anche l'idea e la volontà di intervenire come descritto nell'articolo citato. A Malo, idee e volontà di governare i processi di cambiamento economico in termini di conversione ecologica sono come il coraggio di don Abbondio: se uno non ce l'ha non se lo può dare (ndG3RT)

3 commenti:

  1. Anche il coinvolgimento della cittadinanza attiva non è che abbondi (a proposito di don Abbondio).
    Forse ci vorrebbe il coinvolgimento attivo della cittadinanza.
    Che poi è vero che sta agli amministratori, anche o soprattutto, di minoranza, attivare... ma che fatica, ragazzi!
    Comunque una cosa è certa: di questi tempi non si può non esserci. e questo vale per tutti.
    Quindi siamoci!

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  2. oltre al potere, all'idea e alla volontà ci vuole la competenza. Troppi emeriti str... si occupano di cose di cui non sanno niente, solamente per la posizione che rivestono. Quanti danni fanno queste persone? Quanto danno fa, avere una miope visione del futuro? quanto danno fa non avere come stella polare la soddisfazione del bene comune, ma invece il proprio o quello di una ristretta "cricca"? Danni economici, morali, materiali, danni alla solidarietà e alla sostenibilità sociale, danni all'idea stessa di una società e una convivenza più eque. E'fuori di dubbio che siamo di fronte ad una degenerazione della gestione della cosa pubblica.

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  3. Credo di essere d'accordo sia on Gert che con Zenia....ma eventualmente ditemi se non sia così. Ho pensato molto tempo in questi anni al ruolo delle municipalizzate, se il liberismo sia giusto o meno, o se si viva in un pseudo turbocapitalismo che abbassa gli standard e basta. Onestamente non ho ancora fissato la mia opinione (grave per un manager...) ma credo che la gestione pubblica così com'è proprio non funzioni. Nelle municipalizzate si accede per cooscenz, per esperienza diretta c'ho visto lavorare gente ultra-incompetente...quando lavoravano...enon erano in malattia o al bar...quando nella mia idea di Stto i ruoli pubblici dovrebbero essere ricoperti dai "Best in class!". E come diceva qualcuno..."che fare?"
    Piero

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